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Banshee – 2×01 – Little Fish

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Banshee è un gargantuesco, fottutissimo, fumetto pulp (e non uso a caso questi aggettivi), dove prima si spara e poi si fanno le domande (oppure no). Dopo la sorpresa adrenalinica della prima stagione ritorna giocando al ribasso, stilando domande e preparando risposte prima di iniziare nuovamente a sparare all’impazzata.

La premiere della seconda stagione si riallaccia in maniera lineare, e poi didascalica, agli avvenimenti caotici dello scorso finale di pura azione, chiarendo loose ends, ponendo le basi e facendo tirare un sospiro ai personaggi prima di lanciarli nel pieno del delirio fumettistico (si spera).

Dunque l’energia roboante e ipnotica inizia a caricarsi mentre il plot prende forma in maniera dignitosa o perlomeno sufficientemente plausibile, tentando di evitare buchi di trama clamorosi, giustificando il mantenimento dello status quo, riflettendo sulle future possibilità e ponendo l’accento sull’identità e sulla duplicità dei personaggi, combattuti tra due poli distinti- solitamente famiglia vs anarchia.

Questo primo passo più moderato sembra voler arricchire la sostanza dei caratteri, prima di rigettarli in balia di eventi parossistici, rendendoli così personaggi riconoscibili anziché semplici pedine. Le posizioni di tutti sono fin troppo chiare: la mammina ha perso tutto e deve fronteggiare diverse conseguenze, il finto sceriffo non può fuggire senza annullare possibilità di futuro con la famiglia riscoperta, Rebecca e Kai vivono rasentando di continuo un simpatico incesto, l’agente Siobhan è già umida; anche il nuovo personaggio introdotto si pone come un carattere definito e intrigante con cui fare i conti. L’agente Racine (conoscerete già Zeljko Ivanek) è un accanito fumatore il cui totalizzante obiettivo è quello di catturare il celeberrimo gangster ucraino, Rabbit, non interessandosi ai “piccoli pesci” del paesello, anzi utilizzandoli come esca. Il riferimento al “little fish” che crea small-town shenanigans e da il titolo all’episodio amplifica ulteriormente il senso dispersivo e pericoloso della frontiera- “Banshe, Pennsilvanya: a nessuno importa un cazzo” – il culo del mondo in cui può succedere di tutto e in cui tutte le devastanti conseguenze sono risolte in loco e col sangue (da leccarsi le labbra). Sono dettagli importanti per creare un microcosmo barbarico autosufficiente: l’FBI c’è, ma è invischiato e corruttibile quanto gli altri – i Nativi-americani, invece, iniziano a darci dentro.

Il compartimento tecnico, già elogiabile in passato per il suo stile fumettistico (nelle inquadrature, nel montaggio, nei colori, nella caratterizzazione, nell’assurdità divertita), trova nuova attenzione in sede di scrittura: è già percepibile una maggiore consapevolezza nella penna (o nella tastiera) di Jonathan Trooper tanto quanto il divertimento del regista Greg Yaitanes. Ad esempio i flashback singhiozzanti ampliano il loro raggio di utilità, accostando la valorizzazione emotiva dell’azione sguaiata ad un sentimento dark più serpeggiante, aprendoci non solo al passato narrativo dei personaggi ma anche al presente psicologico. Ovviamente la scrittura è lontana dall’essere raffinata o matura, ma mantiene modestia e una sua logica interna.

Chiaramente il pulp non manca (e le tette). Sebbene si sia optato per un ritorno esplicativo piuttosto che frenetico, Banshee si fa ancora riconoscere nell’azione fragorosa e nel senso dell’umorismo: per l’esattezza mi riferisco alla magistrale rapina in movimento (una sorta di mash-up fra inseguimento ritmato da colpi di pistola e classica rapina in treno su meno ruote) e al risveglio di Rabbit grazie ad uno scoiattolo dalla vita breve. La scelta di riallacciare in maniera professionale le due stagioni non è detto che sia segno di un cambio di direzione: il divertimento di stomaco pare assicurato, solo che adesso avrà una rete narrativa di sicurezza più forte (giusto l’indispensabile per tenersi a galla, of course. No pretensions. No fatties.).

Infine un ulteriore arricchimento arriva dalla Casa del Signore: un prete che potrebbe nascondere Rabbit si aggiunge al novero di personaggi con un background fortissimo e una duplice indole (“There’s no one there” dice il prete proteggendo il fratello; “Tell that to them” è la risposta di Racine volta a smontare la sua catto-ipocrisia davanti ai fedeli).

Ma bando alle ciance. Bring it on.

Ok.

Quando Racine incontra Hood il suo sguardo intenso lascia supporre un riconoscimento. In effetti l’agente ha assistito ad un suo interrogatorio. Il che significa che ci toccherà recuperare i webisodes, Banshee: Origins, che a quanto pare celano robetta succulenta.

Livello del testosterone: 3 su 5.

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